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Non si indovina mai

con chiarezza

la direzione che prenderà l’ombra

al calar del sole.

 

Sotto cenere tiepida

riposerà senza sogni

il contorno infranto e misterioso

che somiglia,

ma non è,

cosa alcuna e vera.

 

Così mi sono raffreddata,

in maniera cosciente e volontaria,

indifferente al sole

e anche alla luna,

e lungo il corridoio dell’assenza

ho spento

una da una

le lampadine che segnalavano il percorso

verso l’uscita di sicurezza.

 

Se fossi diversa da me

avrei la soluzione per l’atterraggio d’emergenza,

parole tranquillizzanti,

ed esercizi anti-stress.

 

Eppure

non è nient’altro

che un po’ di tristezza superba,

quella che ti prende

quando arrivi in ritardo al funerale

di un cugino di terzo grado

residente a cinquecento chilometri

morto novantenne nel sonno

e di cui a stento

ricordi viso e nome.