Sesta Variazione

Conclusione al capitolo zero. La scrivo senza aver composto. I sogni, le illusioni, la realtà. In mezzo non c’è niente. Tante parole. Belle parole. Parole che hanno un sapore, un sapore amaro. Parole piene, piene di vane attese, parole gustose a chi piace l’acerbo. Parole che fanno l’amore, parole sussurrate e gridate e strozzate, parole. Parole che hanno un suono nuovo e che non sentirò mai più. Parole singhiozzate. Parole per il nulla. Esco di scena. Senza l’applauso. Non rilascio interviste nel backstage. Ciò che siamo è ciò che non vogliamo. Così è, se vi pare. E’ nella natura imperfetta dell’uomo. E’ la condizione della speranza a degenerare. E’ cercare poi la consolazione nella filosofia che si scontra con la vita pratica e fa a pugni ma se non ci fosse come sarebbe grama e dura da sopportare questa vita fatta di cose che non si comprendono. Capire perché? Per poter giustificare. E’ il meccanismo che si inceppa. Non è un meccanismo la giustificazione. E’ il meccanismo della  comunicazione. La necessità di comunicazione e di accettazione. Si cercano e si scontrano e si esauriscono. Le energie bruciano. Le sinergie collassano.  Attimi preziosi e magici che sembrano pezzi ruggini di ferro inutile. Sembrano. Come randagi allucinati ci siamo ritrovati davanti alla ciotola succulenta di un pasto che sembrava preparato solo per noi, con gli ingredienti migliori, la cura dei particolari, un piatto per buongustai. Ma i randagi non sono buongustai, sono solo famelici ed egoisti. Si rubano le briciole. Come è giusto che sia. E’ la loro legge. Non hanno dimora. Non hanno altro che il desiderio di vivere, o sopravvivere. Immaginano di fermarsi, ma non lo faranno mai. Vagano come pianeti impazziti lungo orbite irregolari in sistemi di stelle doppie, dove le attrazioni gravitazionali combattono, le meteore sono proiettili impazziti. Siamo come lune massacrate di crateri. Buchi profondi che portano in mondi celati e inviolabili. Codici d’ingresso complessi e incalcolabili. Sarebbe bastato lasciarci sfiorare. Ma a quale deflagrazione saremmo andati incontro?  Non siamo un cazzo di niente ecco che cosa siamo. Non siamo metafore. Non siamo parole. Non siamo.