La regola dell’eccezione

Ti ricordi l’URSS? Ti ricordi la guerra fredda, le spie, il muro di Berlino, l’Europa dell’Est, il blocco sovietico?Ti ricordi che c’erano i buoni e i cattivi? E i cattivi erano loro, i sovietici, quelli che facevano la parata del 1°Maggio con la sfilata di truppe e armamenti. La stella rossa sui berretti. L’Internazionale cantato a squarciagola. Gorky Park non è niente di tutto questo. Basterebbe chiamarlo Central Park. Sostituire CIA a KGB e… no forse è troppo facile. Qui c’è l’Unione Sovietica che ti aspetti e quella che ti sorprende. C’è un delitto, un triplice delitto, c’è il depistaggio, l’intrigo, i giochi di potere, certo. Poi c’è il freddo. Il paesaggio che si fa complice dei fatti, non potrebbe essere altrimenti. C’è il fascino del protagonista che supera qualsiasi barriera, come se si trasformasse dell’investigatore ideale, un solitario, incomprensibile perché incompreso, tenace e fragile nello stesso tempo, fedele a se stesso fino alla fine. Conoscere il colpevole diventa solo la scusa facile per immergersi in un’atmosfera che non c’è più. Così può accadere che una specie di nostalgia ti pervada, la nostalgia per un mondo che non c’è più,  quando sapevi da che parte stare, forse ingenuamente, e gli amici erano amici e i nemici erano nemici. Era forse un’illusione. Eppure era tutto facile e le eccezioni confermavano ancora la regola.