NON HO MAI FINITO

foto S.G.

mi siedo
la schiena appoggiata alla colonnina
il culo sulla pietra fredda
dieci minuti la pausa
contati
non fumavo
sì ok per un breve periodo
ma non divaghiamo
il cielo dal solito angolo
a volte le cuffie sulle orecchie
quelle del sony
“…ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di New York il poeta è da solo e nessuno lo salverà…” 


Dieci minuti di pausa se no perdo il posto studio nella Biblioteca di Storia. Dieci minuti contati.
Senza sigaretta. .
L’ottavo minuto sto già scendendo le scale. La segretaria mi restituisce il gettone e annota l’orario di rientro. Un ghigno in ogni caso. Sia che arrivo un minuto prima, quando mi sibila che ho ancora un minuto, sia che arrivo un minuto più tardi, quando annota il ritardo con una R accanto al mio nome e mi toglie una delle tre pause a cui ho diritto nella giornata, al netto della pausa pranzo di un’ora. Se poi il ritardo è sulla terza pausa, scrive il nome e la data del ritardo su una rubrica telefonica e alla prossima richiesta di posto studio controlla che non sia nella lista nera, e nel caso, mi toglie una pausa. Un meccanismo borbonico…d’altronde lavora al Dipartimento di Storia.
Dieci minuti e mi si gela il culo. Guardo l’angolo del cielo. Oggi c’è la nebbia e il cielo è grigio lombardo. E’ un giorno medievale. Perché nessuno si immagina il medioevo con una giornata di sole. Provateci. Non ci riuscirete. Altro che lo splendore dei secoli bui. Dovrei alzarmi, ma non lo faccio. Sto ancora un momento qui, a guardare le pietre, il prato e il pozzo centrale. Potrei buttarci un soldino ed esprimere un desiderio. Fa che io passi l’esame di Storia Moderna. No, che stupida, quello è andato. Fa che…
“Vuoi dare il tuo contributo per Lotta Comunista? Lo vedo sai, che sei una di noi.”
Il ragazzo avrà almeno vent’anni meno di me, vestito bene, borghesemente bene, come me del resto.
“Una di voi?” Gli sorrido e lui attacca con la lotta di classe, il razzismo dell’attuale Governo, gli immigrati…
“Non ci credo più” Gli rispondo. Mi guarda e sembra non capire. Vorrei raccontargli due o tre cose che mi vengono in mente lì per lì, due o tre pensieri di quelli buoni a far cambiare il mondo. Qualcosa che sia davvero di sinistra. Qualcosa che mi piaceva. Vorrei dargli retta. Farlo parlare. Vorrei essere d’accordo con lui. Vorrei comperargli tutte le copie di Lotta Comunista e sostituirlo per un giorno, mentre fa il suo giro tra i chiostri, a cercare rivoluzionari dell’ultim’ora, quelli con la suoneria dell’Internazionale nello smartphone.
Parliamo. Cerco di essere storicamente convincente ma mi prende per una novella Cassandra quando gli dico che se non sarà una guerra, sarà una malattia o un’invasione, o il riscaldamento globale e farci fuori in gran parte. E’ sempre successo così. Si tratta solo di aspettare. La peste nera non te la ricordi? Era nera e democratica. Ma il mio pensiero è una deriva che lui non può ancora capire perché a vent’anni hai dentro un ottimismo che spacca le montagne (russe, penso, ma non glielo dico).
Lo studente non è persuaso, ma non voglio convincerlo. Non compero Lotta Comunista e poi vedi oggi sono venuta qui per un altro motivo perché sono tanti anni che non mettevo piede in questo cortile.

Hai già finito di studiare?
No, non ho mai finito.