Articolo 1

Che potremmo con i giusti modi (di)mostrar chi siamo.

Che insomma, piano piano, senza proclami e gride di manzoniana memoria, ricordare che sì ci siamo, siam sul pezzo e perdio non farti sfuggire l’occasione.

Questione di tempi?

Parlo al plurale come Otelma. Dovrei preoccuparmi?

Sì ok non ci ho voglia. Sono il soldato valoroso ma stanco. Il reduce giapponese perso nella giungla, convinto che si ancora una guerra da combattere ma che non sa più chi sia il nemico, e alla fine si nasconde, al posto che attaccare. Poi quello là, il reduce intendo, quando lo trovano, magari lo premiano anche con una bella medaglia.

IL PREMIO. Ah, quale sublime parola! Quale profondi significati sono racchiusi in queste sei letterine! La chiave del sorriso. Gli ottanta eurorenziani, i fiorini, i soldi cazzo. I SOLDI! Viva viva viva.

Eh no. Su questo il sorriso si piega in smorfia. L’entusiasmo si strozza nel cappio della speranza.

E ci ritroviamo qui a pensare che voi umani non osereste immaginare ciò che ho visto e vissuto in questi anni, e che raccontarlo ahimè non porterebbe a nulla. Perché la storia è stata scritta e non si cambia.

Allora con l’ottimismo di cui sopra, quello con il cerchio, scavo come una brava archeologa (mancata) alla ricerca di un entusiasmo. Uno qualsiasi. Uno che ci ha quarantanni. Quello dei venti è come Atlantide la città perduta. Quello dei trenta è stato speso a lungo, in maratone estenuanti, sempre completate e sempre in classifica, ma a quale posto lo ignoro.

Magari se cambio faccia e sorrido un po’ di più sarebbe preferibile.

Però ecco, su una cosa no, non ci riesco a passar sopra: l’onore. Ci vorrebbe un corso sull’onore, che è così una bella parola. Ancora più di premio. Perché c’è anche quella particolare forma di onore detta onore delle armi. Fuor di metafora: non mi paghi, ma almeno dimmi che ho lavorato bene lo stesso.