La poesia si riPosa
La poesia si riposa.
I versi sono stanchi, le figure retoriche quasi stremate. I grandi temi preferiscono il rifugio dei sogni e la vita quotidiana è un lago prosciugato dall’abitudine.
La poesia delle piccole cose è un esercizio il cui risultato non torna mai. Bisogna essere grandi poeti per saper dire anche quando non si ha, o non si ha più, nulla da dire.
Scrivere per disperazione è bulimia, è come trangugiare voracemente emozioni e su emozioni per poi liberarsi del loro peso, mettendo alla prova la complice pazienza dei fogli bianchi,
Io ci provo ogni tanto a mettermi lì davanti al foglio bianco, conosco la sua capacità di trattenere sempre e comunque anche la parola più dura, gli accostamenti più audaci.
Mi siedo e mi guardo dentro, passando dalla bocca scendendo giù fino alle viscere, esplorando il corpo segreto, per cercare dove si è nascosto il disagio, l’origine dell’emicrania o la sorgente della malinconia.
Ho scardinato così tante volte porte chiuse a chiave. Ho violato promesse fatte a me stessa ingannandomi con bugie perfette. Ho creato bellezza. Di questo sono sicura. Ho dato nobiltà all’indolenza. Dignità alle solitudini. Cercato il mio naufragio. Trovato, ma mai raggiunto, la mia Itaca.
Con la penna in mano guardo il cielo azzurro, la luce accecante del sole che satura i colori e con il naso in su riscrivo l’attesa e la nostalgia di un vecchio profumo di primavera.
nobiltà all’indolenza, mi piace
Facile dire un nobile coraggio, vero? O una nobile causa. Poi c’è sempre qualcuno spinto da nobili sentimenti, ma se ti chiedono l’elenco l’indolenza non ce la mette nessuno. Indolenza è una di quelle parole saporite col sapore che si scioglie in bocca. È tiepida.
Hai creato bellezza. Ne sono sicuro anch’io. Succede spesso a chi “sta cercando dove si sia nascosto il disagio” (frase davvero felice e ricca).
È una strada tortuosa. È bello smarrirsi a volte. E dimenticarsi cosa stavamo cercando.
Cercare, scovare, dimenticare, sperimentare emozioni. Un po’ le basi per chi ama scrivere.